La chiesa di Nostra Signora domina la piana campestre del fiume Coghinas e trae la sua denominazione dalla sede diocesana documentata dal 1116 (data in cui un suo vescovo è presente alla consacrazione della SS. Trinità di Saccargia) al 1503, quando fu unita, con bolla di Giulio II, a quelle di Ottana e Bisarcio e traslata ad Alghero. La chiesa si eleva all'interno di un recinto di costruzioni tarde che poggiano su basamenti di pietre squadrate, resti di fabbriche medievali. L'edificio, interamente costruito in trachite rossa con gradazioni dal rosa intenso al porpora scuro, riceve slancio da una scalinata (composta da cinque gradini) che mira a conferirle monumentalità, date le sue dimensioni minime a confronto della dignità episcopale.
La facciata, orientata ad ovest, è delimitata da due paraste d'angolo terminanti in una cornice gradonata che risvolta per un breve tratto anche nei fianchi; al centro si apre il portale architravato e con lunetta a tutto sesto sormontato da una luce cruciforme. Due lesene, non interrotte da membrature orizzontali, affiancano il portale e dividono la facciata in tre specchi, ognuno corrispondente a tre archetti (per un totale di nove) ascendenti a doppia ghiera appoggiati su peducci (due dei quali costituiscono i capitelli delle lesene) diversamente decorati. A fianco delle lesene si conservano ancora due semicolonne tronche disposte secondo un motivo che ritroviamo a Como, nel S. Abbondio dell'XI secolo, e nel Duomo di Fidenza, iniziato dall'Antelami intorno al 1190-95 e ripreso e portato avanti dopo il primo decennio del XIII secolo. In Sardegna questo motivo si riscontra nella facciata di S. Giusta (1135-45), anche se le due colonne dovevano sostenere un portico antistante la facciata; e due colonne si avevano anche nella facciata della S. Maria di Tratalias. Sulla sinistra si apre un bel portico, aggiunto posteriormente alla costruzione della chiesa, addossato a tutta la fiancata e collegato all'edificio maggiore attraverso una porticina; è formato da quattro arcate sorrette da pilastri che sostengono un tetto di restauro.
La fiancata sinistra è divisa in quattro specchiature da tre lunghe lesene che oltre il tetto del portico arrivano fino ad un fregio di tredici archetti a tutto sesto e doppia ghiera, disposti in gruppi di tre, tre e quattro e sostenuti da peducci gradonati. Al di sopra del porticato, inoltre, si aprono tre monofore centinate a doppio strombo. Nel lato destro, che riprende la decorazione sopra descritta, si addossa un edificio quadrangolare di fattura recente; nei due specchi ancora visibili si aprono due monofore centinate a doppio strombo. Nellíabside ricompare, sotto una cornice a listello, il fregio ad archetti a doppia ghiera (in numero di sette e pi˘ ampi degli altri) e la divisione in tre specchiature, in quella centrale si apre una monofora analoga a quelle laterali. L'unica aula misura m 11,60 di lunghezza per m 5,60 di larghezza e termina nellíabside semicircolare che si apre, allíinterno,con un arco frontale ben proporzionato alle misure dell'intero edificio. Purtroppo oggi l'abside non è più visibile perchè occultata da un altare ligneo, con al centro la statua della Vergine. Il tetto Ë a due spioventi con capriate in legno ravvicinate, recentemente ricostruite. Dall'altare romanico proviene una pergamena conservata nell'archivio parrocchiale di Oschiri, dov'è scritto: